14. Il re del nulla

C’era una volta il re del nulla.

Tutto intorno a lui non c’era nulla.

Tutto il giorno non faceva nulla.

Nel suo regno non c’era nessuno.

Non amava nessuno.

Non era amato da nessuno.

Era come se fosse stato disegnato solo lui, con la sua corona, ma senza nulla intorno. Viveva in uno sfondo bianco infinito.

Quando si svegliava rimaneva immobile, ovviamente senza fare nulla, e poiché non faceva nulla, alla fine si annoiava e si riaddormentava. Per poi ricominciare ogni volta allo stesso identico modo.

Credeva di essere un re, perché portava alla testa una corona d’oro massiccio con tante pietre preziose. Era vestito del vestito più elegante che ognuno di noi potesse immaginare, e siccome non c’era nulla da fare o nulla che lo sporcasse, rimaneva sempre pulito. Non mangiava nulla, ma non aveva fame per nulla.

Poi un giorno si rese conto che, anche se credeva di essere un re, alla fine se intorno a lui non c’era nessuno e nulla, anche lui non era nessuno e nulla. Perciò si mise a camminare per cercare il confine del nulla in cui viveva.

Camminò per giorni e notti, ma intorno a lui c’era sempre quello: il nulla.

Non ricordava quando tutto era cominciato. Non ricordava nulla. Non ricordava nemmeno se fosse mai stato diverso da come l’avevano disegnato.

Ma chi lo aveva disegnato?

E perché non gli aveva dato uno scopo?

Cosa poteva o doveva fare nel regno del nulla?

Queste furono le domande che lo portarono a un’illuminazione:

“Forse il mio scopo è quello di cercare uno scopo. Forse sono io che devo dare un senso a questo nulla”.

E allora si mise a disegnare. Disegnò tutto quello che gli veniva in mente, anche se non l’aveva mai visto prima.

Disegnò una donna. Cominciò a parlarle. Se ne innamorò. Le parlò così tanto fino a quando la donna non divenne in carne e ossa, come lui. Insieme a lei disegnarono paesaggi e ambienti, cose e persone.

Crearono tutto insieme.

E fu così che il re del nulla divenne il re del tutto.

Tutto intorno a lui  c’era tutto quello che aveva immaginato.

Tutto il giorno faceva tutto quello che gli piaceva e lo faceva stare bene.

Nel suo regno c’erano tantissime persone che vivevano in armonia tra loro.

Amava tutti.

Tutti lo amavano.

Finché chi lo aveva disegnato non si accorse che il suo disegno aveva preso vita. E allora cominciò a porre degli ostacoli sul suo cammino. Il re del tutto li affrontò, a volte si scoraggiò, ma fece sempre del suo meglio. Sempre. Perché aveva capito che era meglio essere il re del tutto, invece che il re del nulla.

E lo capì anche chi lo aveva disegnato, e da quel momento cominciò a disegnarlo con un sorriso che diceva tutto.

All rights reserved – (c) Antonio Libertino

13. La lettera di un assassino

La mia storia mi precede.

Ciò che sono stato, ciò che ho vissuto, ciò che ho fatto, per voi tutto questo viene prima di me e di quello che sono oggi.

Lo so che ho ucciso. Lo so che ho riso. Lo so che ho vissuto in modo sconsiderato. Ma poi ho pagato. Ho pagato con la prigione. Ho pagato con le mie lacrime di pentimento. Ho pagato con la solitudine. Ho pagato e continuo a pagare anche oggi.

Non finirò mai di pagare, anche se non sono più la stessa persona che ha vissuto quello che ha vissuto, anche se non sono più la stessa persona che ha commesso quello che ha commesso.

Dopo aver capito quanto fosse grave quello che avevo fatto, ho cominciato a vivere onestamente, a fare del bene per quanto mi fosse concesso.

Ma voi, quando mi vedete o quando sentite parlare di me, mi giudicate: pensate ancora a fatti successi tanti anni prima, non rendendovi conto che chi avete di fronte è diverso da chi tanti anni prima ha commesso l’atrocità più grande che un essere umano potesse commettere. No, io non sono più quella persona. Per lo Stato italiano, sono libero: ho scontato la mia pena.

Ma voi – voi che andate in chiesa a pregare e poi commettete gli atti più osceni che si possano immaginare -, voi pensate che io non debba mai e poi mai avere pace, fino al mio ultimo giorno di vita. Fine pena, mai. Questa è la vostra sentenza per il mio vissuto personale.

Ma io non sono più la mia storia.

La mia storia è stata raccontata. Dagli altri. Da voi. Persino da me. In modi sempre diversi. Ognuno di voi – e anch’io – l’ha interpretata come meglio credeva. C’è chi ha pensato che fossi un mostro e che continuerò a esserlo.  Qualcuno di voi mi ha persino detto che sono stato coraggioso a fare quello che ho fatto e che lo avrebbe fatto anche lui se avesse avuto un pizzico del mio coraggio. E c’è chi, quando mi guarda, pensa subito al mio passato, senza rendersi conto di tutte le cose belle che sono in grado di fare e vivere oggi. Io la mia storia l’ho cambiata. Cambiate la vostra, ora.

Anzi, dimenticatevi proprio della mia storia.

Dimenticate chi ero. Perché non lo sono più.

Lasciatemi vivere in pace ciò che resta dei miei giorni.

Vivete la vostra, di storia. E cambiatela, finché siete in tempo.

(c) Antonio Libertino. All rights reserved.

11. Essere umano

C’era una volta un essere che non sapeva di essere umano. Umano era, e non lo sapeva. Perché era umano? Forse perché nel momento in cui si accorse che poteva fermarsi in un posto e vivere del cibo che avrebbe potuto coltivare, cominciò a impigrirsi e a desiderare il cibo, le cose e i piaceri degli altri, nonostante ne avesse a sufficienza. Era un essere che credeva di essere buono, almeno finché non cominciò a far uscire il sangue dal corpo degli altri esseri, suoi simili. Era buono? No, non lo era. Aveva già abbastanza: aveva abbastanza cibo, aveva corpi caldi da abbracciare, aveva tanto altro, ma non si sentiva appagato. Desiderava sempre qualcos’altro. Quando vedeva che altri avevano più di lui, una sensazione inspiegabile gli partiva dalla bocca dello stomaco e gli faceva salire il sangue al cervello. Accecato di rabbia, in un modo o nell’altro, cominciava a perseguitare gli altri, colpevoli solo di aver lavorato un po’ di più per ottenere quello che avevano ottenuto. Li perseguitava fino a che non riusciva a prendersi tutto quello che avevano. Con la violenza. Perché lo faceva? Perché era un essere umano, ma non sapeva di essere umano.

Un giorno, nel suo villaggio arrivò un uomo molto anziano, pieno di rughe, tutto accartocciato su se stesso mentre camminava lentamente tenendo un bastone in mano. Non aveva nulla, tranne la logora tunica che aveva addosso e il suo sorriso. Era un sorriso che faceva venir voglia di sorridere a chiunque si fermasse per un attimo a osservarlo. Uno di quei sorrisi che ricorderesti per sempre se lo vedessi.

L’essere lo vide. Si mise a sorridere, ma non ne capiva il perché. Non capiva perché il vecchio fosse così sorridente e perché anche lui si sentisse diverso. Gli si avvicinò, per scoprire il suo segreto. Come mai quello straniero era così felice, nonostante non avesse nulla, nemmeno una scodella di cibo?

Glielo chiese e attese una risposta. Il vecchio uomo si fermò, si sedette e, dopo una lunga pausa, rispose.

-“Io sono un essere umano che ha capito che la felicità non dipende da ciò che possiedo, ma da come io scelgo di sentirmi”.

-“Cos’è un essere umano?”

-“È un essere pieno di imperfezioni che ha il potere di creare il paradiso… o l’inferno, per se stesso o per gli altri esseri umani che vivono su questa terra. Noi siamo esseri umani, anche tu lo sei”.

E fu in quel momento che l’essere che non sapeva di essere umano capì di essere umano. Non ci è dato sapere se da quel momento cominciò a cambiare, staccandosi dalle cose materiali e donando il suo sorriso agli altri. C’è chi dice che non cambiò per nulla e che continuò a fare del male agli altri esseri viventi. Ma c’è anche chi racconta che da quel momento si mise in viaggio, passando di villaggio in villaggio, a condividere il segreto che aveva scoperto. Fino a diventare anche lui un vecchio accartocciato su se stesso, ma tutto sorridente. Dopotutto era un essere umano: lo sapeva ormai. E aveva la possibilità di scegliere cosa creare su questa terra.

All rights reserved – (c) Antonio Libertino

 

Maps and Stories in Italian – Press release

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We are surrounded by stories and every story has the power to send us a message, it’s up to us to pick it up so that we change and become better people.

Antonio Libertino, teacher of Italian to foreigners and already author many books, tells a variety of stories in his latest book and he does it through a special tool: those childish drawings, accompanied by words, that many call mind maps® .

Mind maps®, for those who still do not know them, are a learning tool invented by British author and consultant Tony Buzan. They can be used, also by those who have learning disabilities (such as dyslexia), to take notes, to learn new concepts, to make important decisions and, as in this case, to tell stories. In this book, just published by Meligrana Editore, many stories are told.

The collection, titled Mappe e Storie in Italiano, is suitable for foreigners, who can use it to improve their own way of speaking the so musical Italian language, perhaps following the steps suggested in the first pages. It’s also aimed at Italians, no matter if children or adults, who can simply enjoy the stories, reflecting on what they want to convey.

The album, with horizontal layout, can be flipped, colored and even listened to. In fact, thanks to the QR codes that are on each colored map, you will also have the opportunity to listen to the stories.

The collection is completed  with a mind map created by the author in July 2016 after watching the tv show Sereno Variable talking about Tropea, his beloved home town, because the sponsorship of an area can also be done with creative tools, such as the ones that are inside Mappe e Storie in Italiano. You can find more information and a free preview on Meligrana Editore’s website and on  www.italianoinitalia.com/mappe/maps.

 

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Mappe e Storie in Italiano – Comunicato Stampa

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Siamo circondati da storie e ogni storia ha il potere di mandarci un messaggio, sta a noi coglierlo per cambiare e diventare persone migliori.

L’ultimo libro di Antonio Libertino, insegnante d’italiano per stranieri e già autore quest’anno di Tiziana – Amore che genera Amore, ne presenta diverse di storie, tutte narrate attraverso uno strumento speciale: quei disegnini  più o meno bambineschi accompagnati da parole che in molti chiamano mappe mentali.

Le mappe mentali, per chi non lo sapesse, sono un strumento di apprendimento inventato da Tony Buzan, famoso autore e consulente educativo britannico: possono essere usate, anche da chi ha disturbi dell’apprendimento (come la dislessia), per prendere appunti, per imparare nuovi concetti,  per prendere decisioni importanti e, come in questo caso, per narrare delle storie. In questo libro, appena pubblicato dalla Meligrana Editore, ne vengono raccontate tante.

La raccolta, intitolata Mappe e Storie in Italiano, si rivolge a italiani, non importa se bambini o adulti, che possono semplicemente godersi le storie, riflettendo su ciò che esse vogliono trasmettere; ed è anche adatta agli stranieri, che possono usarla per migliorare il proprio modo di parlare la nostra lingua, così musicale, magari seguendo i passi suggeriti nelle prime pagine.

Il libro, in formato di album spillato,  può essere sfogliato, colorato e persino ascoltato. Infatti, grazie ai codici QR che si trovano su ogni mappa a colori, il lettore avrà anche la possibilità di ascoltare le storie in esso contenute.

Completa la raccolta una mappa mentale, creata dall’autore dopo aver seguito la puntata di Sereno Variabile dedicata a Tropea nel luglio del 2016, perché la promozione del territorio può essere fatta anche attraverso strumenti creativi, come quelli contenuti in Mappe e Storie in Italiano. Maggiori informazioni e un’anteprima gratuita sul sito di Meligrana Editore e su www.italianoinitalia.com/mappe.

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